Il digitale è fisico. Questo libro spiega in che modo la rivoluzione digitale impatta su clima, ambiente, lavoratori e società. Un manifesto per il digitale sostenibile. Spegnete il computer! Il mondo digitale è meno verde di quello che sembra. Se non sapete che cos’è uno zettabyte e qual è il suo “peso carbonico” o se siete stufi di essere “profilati”, questo libro fa per voi. Perché spiega in modo chiaro che il cloud non è tra le nuvole ma in data center che consumano energia e producono CO2 ogni volta che spediamo una mail. Perché dice nero su bianco che il dominio delle Big Tech minaccia non solo l’ambiente, ma anche i diritti dei lavoratori, la nostra riservatezza, la trasparenza del mercato e delle elezioni. Perché denuncia la “monetizzazione” della nostra attenzione e del nostro tempo. Perché racconta come i “dati” siano diventati il petrolio del nostro tempo e perché invece dovrebbero essere dei “beni comuni”. Perché affronta il rapporto tra politica e web e il possibile ruolo della e-democracy. Perché ribadisce - come diceva Stefano Rodotà - che è necessario un “Internet Bill of Rights”. Perché, ultimo ma non meno importante, permette di conoscere e praticare un “consumo critico” di tecnologia, di ribellarsi - senza essere hacker -, di progettare un web a basso impatto e di prevenire l’e-waste: per un mondo digitale pulito, aperto, rigenerativo
Ecologia digitale. Per una tecnologia al servizio di persone, società e ambiente
Maurizio Napolitano
Writing – Original Draft Preparation
2022-01-01
Abstract
Il digitale è fisico. Questo libro spiega in che modo la rivoluzione digitale impatta su clima, ambiente, lavoratori e società. Un manifesto per il digitale sostenibile. Spegnete il computer! Il mondo digitale è meno verde di quello che sembra. Se non sapete che cos’è uno zettabyte e qual è il suo “peso carbonico” o se siete stufi di essere “profilati”, questo libro fa per voi. Perché spiega in modo chiaro che il cloud non è tra le nuvole ma in data center che consumano energia e producono CO2 ogni volta che spediamo una mail. Perché dice nero su bianco che il dominio delle Big Tech minaccia non solo l’ambiente, ma anche i diritti dei lavoratori, la nostra riservatezza, la trasparenza del mercato e delle elezioni. Perché denuncia la “monetizzazione” della nostra attenzione e del nostro tempo. Perché racconta come i “dati” siano diventati il petrolio del nostro tempo e perché invece dovrebbero essere dei “beni comuni”. Perché affronta il rapporto tra politica e web e il possibile ruolo della e-democracy. Perché ribadisce - come diceva Stefano Rodotà - che è necessario un “Internet Bill of Rights”. Perché, ultimo ma non meno importante, permette di conoscere e praticare un “consumo critico” di tecnologia, di ribellarsi - senza essere hacker -, di progettare un web a basso impatto e di prevenire l’e-waste: per un mondo digitale pulito, aperto, rigenerativoI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.