I sistemi sanitari costituiscono da decenni un ambito di studio particolarmente ricco per gli studiosi dei mutamenti professionali (Freidson 2001). Una delle ragioni di tale attenzione è il loro essere attraversati da un flusso continuo di innovazioni tecniche che riguardano le procedure diagnostico-terapeutiche, la produzione e la gestione delle informazioni cliniche e amministrative. Tali cambiamenti richiedono e rendono possibile una ridefinizione dei contenuti professionali e la nascita di nuove figure. Un ulteriore elemento di interesse è dato dai profondi processi di cambiamento caratterizzati da una tensione verso il contenimento dei costi. In questo contesto si inquadrano strategie mirate a ridurre gli accessi e, dove possibile, ad affidare alle capacità di autogestione di pazienti e familiari (May 2010) la cura-tra-la-cura (Brennan e Casper 2015). Queste modifiche sono state rese possibili da diverse condizioni tra cui l’accresciuta alfabetizzazione sanitaria della popolazione, la disponibilità di strumenti tecnologici e il parziale ri-orientamento della relazione direttivo- paternalistica tra sanitari e pazienti verso forme di educazione ed empowerment. L’analisi del mutamento professionale è spesso affrontata con una prospettiva focalizzata su variabili macro-sociali quali la diffusione della logica economica, gli strumenti di auto-regolazione, il controllo del mercato dei servizi professionali e del processo lavorativo (Tousijn 2012). In questo lavoro scegliamo di osservare i mutamenti delle professioni con una prospettiva organizzativa che mira a cogliere i legami tra le attività quotidiane, gli strumenti tecnici, la costruzione di visioni professionali e le relazioni con altri attori. A questo fine adottiamo la lente teorica offerta dai practice-based studies muovendo dal concetto di pratica considerata come un “modo, relativamente stabile nel tempo e socialmente riconosciuto, di ordinare elementi eterogenei in un insieme coerente (Gherardi 2006: 34). Porre la pratica come unità di analisi significa considerare da un lato ogni “elemento eterogeneo” (es. tecnologie, spazi, attori, procedure) come costitutivi della pratica stessa ponendo l’accento sulla intima connessione tra l’agire e l’apprendere. In particolare, nella visione della pratica, perde il suo connotato di elemento esogeno che produce un impatto per venire considerata un elemento da coordinare con altri, un elemento “novizio” che deve essere introdotto e adattato per fare parte del set delle pratiche quotidiane (Bruni 2005). Il caso in esame riguarda i cambiamenti nelle pratiche lavorative e nei contenuti professionali degli attori impegnati nella gestione del Diabete T1. Questa patologia offre una interessante prospettiva di indagine un quanto la sua gestione sembra aver anticipato di trent’anni l’avvento dell’elettronica di consumo gestita dal paziente e dell’educazione marcata all’autogestione che si osserva solo in questi ultimi anni per altre patologie. Per questo motivo l’analisi del caso sarà affrontata con una duplice prospettiva, una storica ed una etnografica. In primo luogo, con un approccio storico, si ricostruirà l’evoluzione della relazione medico- paziente nella gestione della patologia e il suo intrecciarsi con la disponibilità crescente di strumenti di misurazione miniaturizzati gestiti dal paziente. Questo approccio permetterà di mostrare la progressiva delega di compiti di raccolta e analisi di dati clinici al paziente e lo sviluppo di nuove competenze professionali orientate alla formazione/educazione del paziente stesso. Accanto a questo, la prospettiva storica consente di cogliere la costruzione di una rete di cura più articolata nella quale entrano nuove figure (es. dietista) o si ridefiniscono e specializzano figure professionali esistenti (es. l’infermiere diabetologo) o si creano soggetti ibridi in cui competenza non si accompagna al riconoscimento di un ruolo professionale (pazienti e familiari). La prospettiva storica consentirà inoltre di mostrare l’emergere di nuovi soggetti, i produttori di tecnologie hardware e software, che si candidano ad occupare spazi crescenti nella sfera della cura chiamando gli altri attori a nuovi riposizionamenti (Food and drug administration 2016) La prospettiva etnografica, muovendo da una analisi di uno studio di caso, analizzerà il processo di costruzione partecipata e di introduzione nella pratica clinica di una piattaforma che permette il monitoraggio remoto dei parametri clinici relativi al Diabete T1. L’analisi del processo consente di mostrare i sanitari coinvolti costruiscono un repertorio di conoscenze che non riguardano semplicemente l’utilizzo del sistema ma prevedono la collaborazione con i designer per definirne funzionalità e gestire la sua messa a punto, la definizione di policy di utilizzo del sistema che ridefiniscono le possibilità e i limiti di relazione con i pazienti, la formazione del personale interno e l’educazione all’utilizzo dei pazienti. L’analisi dei mutamenti nelle pratiche cliniche consentirà di mettere in evidenza il dipanarsi e l’intrecciarsi di diversi mutamenti • Mutamento del contenuto professionale del personale medico, che muovendo da un ruolo di curante-prescrittore si orienta verso un ruolo di educatore-councellor con l’effetto (apparentemente) paradossale di un professionista che opera per ridurre l’asimmetria informativa con i propri clienti, uno degli elementi caratterizzanti la difesa tradizionale del ruolo professionale. • Frammentazione delle professioni e delle competenze. La creazione di figure specialistiche quali l’infermiere diabetologico erodono alcune sfere di competenza dei clinici (es. prescrizione farmaci) • Crescita del ruolo di figure professionali esterne, quali i produttori di tecnologie, che lavorano per due clienti: costruendo strumenti per il mercato consumer (pazienti) e collaborando con i professionisti sanitari per la realizzazione di strumenti adatti alla pratica clinica. • Per ultimo, ma non per importanza, la crescita delle competenze dei pazienti che diventano soggetti quasi-professionali capaci di rivendicare una autonomia nella gestione rispetto ai professionisti della salute rispetto ai quali rivendicano conoscenze e capacità specifiche (Piras e Zanutto 2014; Piras e Miele 2016).

Le professioni in pratica fra tecnologie, competenze e organizzazione. Il caso della gestione del diabete di tipo 1

Enrico Maria Piras
;
2019-01-01

Abstract

I sistemi sanitari costituiscono da decenni un ambito di studio particolarmente ricco per gli studiosi dei mutamenti professionali (Freidson 2001). Una delle ragioni di tale attenzione è il loro essere attraversati da un flusso continuo di innovazioni tecniche che riguardano le procedure diagnostico-terapeutiche, la produzione e la gestione delle informazioni cliniche e amministrative. Tali cambiamenti richiedono e rendono possibile una ridefinizione dei contenuti professionali e la nascita di nuove figure. Un ulteriore elemento di interesse è dato dai profondi processi di cambiamento caratterizzati da una tensione verso il contenimento dei costi. In questo contesto si inquadrano strategie mirate a ridurre gli accessi e, dove possibile, ad affidare alle capacità di autogestione di pazienti e familiari (May 2010) la cura-tra-la-cura (Brennan e Casper 2015). Queste modifiche sono state rese possibili da diverse condizioni tra cui l’accresciuta alfabetizzazione sanitaria della popolazione, la disponibilità di strumenti tecnologici e il parziale ri-orientamento della relazione direttivo- paternalistica tra sanitari e pazienti verso forme di educazione ed empowerment. L’analisi del mutamento professionale è spesso affrontata con una prospettiva focalizzata su variabili macro-sociali quali la diffusione della logica economica, gli strumenti di auto-regolazione, il controllo del mercato dei servizi professionali e del processo lavorativo (Tousijn 2012). In questo lavoro scegliamo di osservare i mutamenti delle professioni con una prospettiva organizzativa che mira a cogliere i legami tra le attività quotidiane, gli strumenti tecnici, la costruzione di visioni professionali e le relazioni con altri attori. A questo fine adottiamo la lente teorica offerta dai practice-based studies muovendo dal concetto di pratica considerata come un “modo, relativamente stabile nel tempo e socialmente riconosciuto, di ordinare elementi eterogenei in un insieme coerente (Gherardi 2006: 34). Porre la pratica come unità di analisi significa considerare da un lato ogni “elemento eterogeneo” (es. tecnologie, spazi, attori, procedure) come costitutivi della pratica stessa ponendo l’accento sulla intima connessione tra l’agire e l’apprendere. In particolare, nella visione della pratica, perde il suo connotato di elemento esogeno che produce un impatto per venire considerata un elemento da coordinare con altri, un elemento “novizio” che deve essere introdotto e adattato per fare parte del set delle pratiche quotidiane (Bruni 2005). Il caso in esame riguarda i cambiamenti nelle pratiche lavorative e nei contenuti professionali degli attori impegnati nella gestione del Diabete T1. Questa patologia offre una interessante prospettiva di indagine un quanto la sua gestione sembra aver anticipato di trent’anni l’avvento dell’elettronica di consumo gestita dal paziente e dell’educazione marcata all’autogestione che si osserva solo in questi ultimi anni per altre patologie. Per questo motivo l’analisi del caso sarà affrontata con una duplice prospettiva, una storica ed una etnografica. In primo luogo, con un approccio storico, si ricostruirà l’evoluzione della relazione medico- paziente nella gestione della patologia e il suo intrecciarsi con la disponibilità crescente di strumenti di misurazione miniaturizzati gestiti dal paziente. Questo approccio permetterà di mostrare la progressiva delega di compiti di raccolta e analisi di dati clinici al paziente e lo sviluppo di nuove competenze professionali orientate alla formazione/educazione del paziente stesso. Accanto a questo, la prospettiva storica consente di cogliere la costruzione di una rete di cura più articolata nella quale entrano nuove figure (es. dietista) o si ridefiniscono e specializzano figure professionali esistenti (es. l’infermiere diabetologo) o si creano soggetti ibridi in cui competenza non si accompagna al riconoscimento di un ruolo professionale (pazienti e familiari). La prospettiva storica consentirà inoltre di mostrare l’emergere di nuovi soggetti, i produttori di tecnologie hardware e software, che si candidano ad occupare spazi crescenti nella sfera della cura chiamando gli altri attori a nuovi riposizionamenti (Food and drug administration 2016) La prospettiva etnografica, muovendo da una analisi di uno studio di caso, analizzerà il processo di costruzione partecipata e di introduzione nella pratica clinica di una piattaforma che permette il monitoraggio remoto dei parametri clinici relativi al Diabete T1. L’analisi del processo consente di mostrare i sanitari coinvolti costruiscono un repertorio di conoscenze che non riguardano semplicemente l’utilizzo del sistema ma prevedono la collaborazione con i designer per definirne funzionalità e gestire la sua messa a punto, la definizione di policy di utilizzo del sistema che ridefiniscono le possibilità e i limiti di relazione con i pazienti, la formazione del personale interno e l’educazione all’utilizzo dei pazienti. L’analisi dei mutamenti nelle pratiche cliniche consentirà di mettere in evidenza il dipanarsi e l’intrecciarsi di diversi mutamenti • Mutamento del contenuto professionale del personale medico, che muovendo da un ruolo di curante-prescrittore si orienta verso un ruolo di educatore-councellor con l’effetto (apparentemente) paradossale di un professionista che opera per ridurre l’asimmetria informativa con i propri clienti, uno degli elementi caratterizzanti la difesa tradizionale del ruolo professionale. • Frammentazione delle professioni e delle competenze. La creazione di figure specialistiche quali l’infermiere diabetologico erodono alcune sfere di competenza dei clinici (es. prescrizione farmaci) • Crescita del ruolo di figure professionali esterne, quali i produttori di tecnologie, che lavorano per due clienti: costruendo strumenti per il mercato consumer (pazienti) e collaborando con i professionisti sanitari per la realizzazione di strumenti adatti alla pratica clinica. • Per ultimo, ma non per importanza, la crescita delle competenze dei pazienti che diventano soggetti quasi-professionali capaci di rivendicare una autonomia nella gestione rispetto ai professionisti della salute rispetto ai quali rivendicano conoscenze e capacità specifiche (Piras e Zanutto 2014; Piras e Miele 2016).
2019
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11582/318947
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