Se si assume la definizione ampia di globalizzazione proposta da Roland Robertson, si potrebbe sostenere che i gesuiti siano stati il primo gruppo organizzato nella storia a pensare e ad agire globalmente. Da un punto di vista storico, è stato l’intreccio di tre sviluppi a creare le condizioni strutturali perché ciò avvenisse: (a) l’espansione coloniale iberica nelle “Indie”; (b) la rinascita cattolica della prima modernità; e (c) l’umanesimo cristiano rinascimentale. L’impulso missionario “cattolico” dei gesuiti aveva naturalmente lo scopo egemonico della conversione universale alla vera fede cattolica. Ciò che rende le pratiche missionarie globali dei gesuiti particolarmente significative è il fatto che, in certe “circostanze”, il loro controverso metodo di “accomodamento” assunse una forma che oggi definiremmo di “inculturazione nativista”. La soppressione incontrastata dei gesuiti nella seconda metà del XVIII secolo sembrerebbe indicare che le loro pratiche globali erano essenzialmente in contrasto con tutte le forze globali in ascesa: (a) con le trionfanti forze strutturali della globalizzazione capitalistica e vestfaliana, capitanate ora da potenze protestanti nordatalantiche; (b) con il progetto alternativo cosmopolitico degli illuministi, destinato a plasmare il sistema educativo globale negli anni a venire; e (c) anche con gli altri due modelli che si contendevano la guida del cattolicesimo globale, cioè quello favorevole a una pluralità di chiese cattoliche nazionali sotto tutela regale e il modello di un uniforme regime cattolico transnazionale, soggetto a un controllo romano centralizzato.

I gesuiti e la globalizzazione

Costa, Paolo
2015-01-01

Abstract

Se si assume la definizione ampia di globalizzazione proposta da Roland Robertson, si potrebbe sostenere che i gesuiti siano stati il primo gruppo organizzato nella storia a pensare e ad agire globalmente. Da un punto di vista storico, è stato l’intreccio di tre sviluppi a creare le condizioni strutturali perché ciò avvenisse: (a) l’espansione coloniale iberica nelle “Indie”; (b) la rinascita cattolica della prima modernità; e (c) l’umanesimo cristiano rinascimentale. L’impulso missionario “cattolico” dei gesuiti aveva naturalmente lo scopo egemonico della conversione universale alla vera fede cattolica. Ciò che rende le pratiche missionarie globali dei gesuiti particolarmente significative è il fatto che, in certe “circostanze”, il loro controverso metodo di “accomodamento” assunse una forma che oggi definiremmo di “inculturazione nativista”. La soppressione incontrastata dei gesuiti nella seconda metà del XVIII secolo sembrerebbe indicare che le loro pratiche globali erano essenzialmente in contrasto con tutte le forze globali in ascesa: (a) con le trionfanti forze strutturali della globalizzazione capitalistica e vestfaliana, capitanate ora da potenze protestanti nordatalantiche; (b) con il progetto alternativo cosmopolitico degli illuministi, destinato a plasmare il sistema educativo globale negli anni a venire; e (c) anche con gli altri due modelli che si contendevano la guida del cattolicesimo globale, cioè quello favorevole a una pluralità di chiese cattoliche nazionali sotto tutela regale e il modello di un uniforme regime cattolico transnazionale, soggetto a un controllo romano centralizzato.
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